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Alvarez e Regini, destini incrociati: il lavoro paga

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Spesso criticati per le prestazioni deludenti, Alvarez e Regini si stanno lentamente riprendendo l’affetto dei tifosi grazie al duro lavoro

Le favole vivono di momenti intensi e suscitano emozioni contrastanti, seguono una trama imprevedibile ma si concludono sempre con un lieto fine. Da finzione e morale a realtà e valori, il passo è breve. È la storia di due giocatori della Sampdoria, costantemente nel mirino dell’ambiente a causa di prestazioni deludenti e non all’altezza né della maglia che indossano né della categoria in cui militano. Gli sprazzi positivi sono adombrati da fatti negativi, errori che segnano l’esito finale di una partita. Se l’andamento della squadra in campionato non procede sulla linea guida stabilita a inizio stagione, la colpa ricade automaticamente sulla scelta dell’allenatore di averli schierati in campo e, di conseguenza, sulla loro prova. Una sorta di alibi, una scusa tanto banale quanto superficiale per azzerare ogni sconforto e rendere vibrante un’attività che eleva la mancanza di rispetto al medesimo livello di una moda.

Vasco Regini e Ricky Alvarez ne sono consapevoli, hanno attutito con enorme forza di volontà – e perché no, delusione – l’effetto travolgente di insulti diffusi sui social network e fischi pervenuti puntualmente dagli spalti del “Ferraris”. La loro storia è semplice e procede di pari passo, vittima degli stessi risvolti tragici che ne hanno quasi contraddistinto il loro addio anticipato. Invece il destino ha voluto che restassero, malgrado le avversità e le poche possibilità di dimostrare il proprio potenziale. Il capitano ha potuto mantenere sul braccio una fascia che lo lega maggiormente ai colori della Sampdoria, ha tentato di ricucire a parole la profonda ferita con la tifoseria doriana e lottato a testa alta. Gli è bastato tornare nella posizione naturale sul terreno di gioco, precisamente da centrale difensivo, per mostrare un’altra parte della sua personalità: prima era indeciso e lacunoso, adesso forma con Matias Silvestre la terza difesa migliore nelle prime sei giornate, effettivamente cinque per via del rinvio della sfida alla Roma.

Anche l’argentino ha sempre goduto della piena fiducia dell’allenatore, la stessa che gli ha permesso di non perdere mai la serenità necessaria a esprimersi al meglio. Lo ha raccontato nell’intervista rilasciata dopo la vittoria sul Milan, legittimata dalla rete del raddoppio firmata dopo 22 secondi dalla sostituzione per Praet. Sembrava essere un contentino per mantenere vivo il suo entusiasmo, annichilito dalla presenza di Gaston Ramirez, ma Alvarez è stato in grado di trasformarla nell’occasione di rilanciarsi e farsi vedere agli occhi di chi esultava per quel diagonale rasoterra, imprendibile perfino per Gianluigi Donnarumma. In un mondo governato prevalentemente da soldi e poca meritocrazia, l’animo del professionista è fortunatamente emerso, cancellando così ogni becero pregiudizio e futile apparenza. Alla lunga, il lavoro paga: l’importante è non smettere mai di credere in ciò che si fa, per sé e per gli altri, seppur questi non capiscano.

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