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Come giocherebbe la Sampdoria di Di Francesco

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Di Francesco è il nuovo allenatore della Sampdoria: si chiudono i tre anni di Giampaolo e si apre un nuovo ciclo

Si riparte da Eusebio Di Francesco e da un’idea di gioco che ha portato il tecnico a guidare la Roma fino alla semifinale di Champions League, l’anno scorso. Si riparte da un tecnico che nella Capitale avrebbe dovuto dimostrarsi il giovane più promettente in assoluto tra gli allenatori a disposizione nel nostro Paese, ma l’ambiente, una direzione sportiva e tecnica non adeguata e una campagna acquisti non all’altezza, hanno praticamente affossato l’accordo che Di Francesco aveva con la Roma: gli mancava ancora un anno, dopo il rinnovo avvenuto alla fine della sua prima stagione in giallorosso, ma l’esonero lo ha spinto lontano da Roma, ora verso Genova. Ecco quindi come cambierà la Sampdoria, a livello tattico, dopo tre anni di Marco Giampaolo, fraseggi in mezzo al campo, poca verticalizzazione e gioco impostato dalle retrovie.

Di Francesco alla Roma ha utilizzato il 4-3-3, con scarse varianti: il 4-2-3-1, o a volte la difesa a tre, in più rare occasioni, come per esempio nella rimonta contro il Barcellona, la partita perfetta di Di Francesco alla Roma. Tra i giocatori che più hanno cambiato le carte in tavola al tecnico è stato N’Zonzi: centrocampista completo, che ha impiegato molto ad adattarsi al nostro calcio, si è reso disponibile in tutti e tre i ruoli possibili, da quello di regista a quello di mediano, fino alla mezzala. Così come Giampaolo, anche Di Francesco fa dell’avvio dell’azione dalle retrovie uno dei punti forti: due anni fa confidava in Alisson, l’anno scorso non l’ha potuto fare con Olsen. Con Audero tale regola dovrebbe tornare a dare soddisfazione al tecnico abruzzese, dato che con Giampaolo l’estremo difensore italoindonesiano si era già abituato a giocare in questo modo. Poi in difesa serve un giocatore in grado di impostare, che faccia da regista arretrato: nella Roma Marcano era stato preso per quello, ma alla fine qualcosa è andato storto. Alla Sampdoria si dovrà ragionare su chi dovrà rivestire questo ruolo, dato che Colley sembra destinato a essere il Manolas di turno e Andersen potrebbe non restare.

Ciò che la Roma ci ha insegnato, però, come tutte le grandi squadre del nostro campionato, è che Di Francesco è in grado di adattare il modulo a seconda dell’avversario. Contro la Lazio, derby poi perso 3-0 e che ha iniziato a rovinare la stagione del tecnico, il tecnico pescarese aveva deciso di puntare su un 4-3-3, con maggior intensità sulla zona centrale: la scelta lo aveva penalizzato, perché i biancocelesti poi avevano vinto praticamente giocando l’intera gara sugli esterni, e avendo Di Francesco De Rossi, che da sempre ha avuto difficoltà a coprire i lati e quindi a vestire i panni di mezzala. Il ruolo del centrale di centrocampo, però, resta fondamentale nel gioco del tecnico, come d’altronde lo è per Giampaolo: Torreira prima, Ekdal dopo, ma De Rossi in principal modo per Di Francesco, così come N’Zonzi. In fase di non possesso è scontato quasi l’abbassarsi verso la difesa del centrale, così come i due esterni d’attacco scalano sulla linea dei centrocampisti, trasformando il tutto in un 4-1-4-1, lasciando la punta centrale in avanti per fare da boa: Dzeko come un possibile Quagliarella, che dovrà quindi giocare molto di più con le spalle alla porta, come aveva fatto il Pazzini degli ottimi tempi con Delneri. L’attaccante non partecipa praticamente quasi mai alla fase difensiva, restando nei pressi del cerchio di centrocampo e attendendo il recupero palla e fornendo un punto di riferimento per un’eventuale ripartenza, contropiede o comunque per tenere i difensori avversari impegnati e impossibilitati a partecipare alla manovra d’attacco.

In fase di possesso, invece, la formazione messa in campo sfrutta in maniera asimmetrica la sovrapposizione di uno dei due terzini, a seconda della fascia sulla quale si sta sviluppando l’azione: il modulo si trasforma in una sorta di 3-1-3-3, con il centrale di centrocampo che resta a supporto dei centrali, il terzino che sale che si allinea ai centrocampisti e i tre d’attacco restano saldi nelle loro posizioni di partenza. La costruzione, come già accennato poc’anzi, parte sempre dal portiere che cerca il difensore più tattico: da qui si passa al regista o al terzino più tattico dei due schierati, uno tra Murru o Sala, che potrebbe scalzare Bereszynski nelle gerarchie finali, o che potrebbe essere sostituito da un’eventuale richiesta di Di Francesco. Spostandosi sui terzini si evita il pressing sul centrale di centrocampo e si lavora sugli esterni, che vengono rinforzati dalla presenza di due esterni d’attacco: la Sampdoria non ha praticamente mai giocato così quest’anno, tranne quando ha inserito Sau in corso di gara. Defrel, che però potrebbe non essere riscattato, potrebbe ritrovare la sua posizione originaria dei tempi del Sassuolo, con Di Francesco che lo conosce bene e sa come collocarlo in campo: mancherebbe un giocatore a destra, così come bisognerebbe capire la finalità dell’avere un giocatore come Ramirez in rosa, che in questo modello tattico non troverebbe più spazio.

Il gioco si sviluppa raramente per vie centrali, il che aumenta l’inefficacia dell’avere un trequartista a disposizione in rosa: lo stesso regista, d’altronde, resta arretrato, senza mai avanzare in maniera eccessiva. Le mezzali, invece, vanno a supportare l’avanzata degli esterni d’attacco, ma senza mai effettivamente accentrare l’azione, se non per saltare l’uomo in dribbling e creare superiorità numerica, oppure per appropinquarsi al limite dell’area di rigore per la conclusione. Un Praet, in questa situazione, troverebbe grandi spazi per dare del proprio meglio, supportando l’avanzata delle squadre di Di Francesco, che solitamente agiscono sempre in maniera forte sulla sinistra. La finalizzazione è spesso affidata quindi agli esterni o ai cross verso la punta centrale, con saltuari inserimenti di una delle mezzali, che ipotizziamo possano essere Praet o Linetty. L’alternativa per l’attacco è affidata comunque al terzino sinistro, nel nostro caso Murru, che sfrutta il lancio lungo a scavalcare il centrocampo per trovare Quagliarella: una costruzione che con Giampaolo non si è praticamente mai vista, dato che un lancio lungo comporta il rischio di perdere la palla, soprattutto se non si ha una montagna fisica come Edin Dzeko.

Tra gli aspetti più soddisfacenti del gioco di Di Francesco troviamo la densità creata attorno al pallone da parte dei giocatori: le squadre del tecnico abruzzese riescono così a recuperare molti palloni e andare subito a rete. Tale aspetto, però, rischia di essere un’arma a doppio taglio: la densità porta molti giocatori a spostarsi a zona, il che rischia di creare inferiorità numerica in alcune zone del campo, lasciando spazi aperti agli avversari. Dall’altro lato, il pressing è sempre molto alto, tendendo in maniera quasi morbosa a tenere molto vicini i vari reparti, puntando forte sulla trappola del fuorigioco, che richiede dei movimenti sempre precisi e soprattutto simultanei. Come anche Giampaolo aveva insegnato. Giocando in maniera molto intensa e mantenendo la densità attorno alla palla sempre molto abbondante, Di Francesco necessita di giocatori sempre freschi, sia fisicamente che mentalmente, per questo – così come d’altronde sarebbe successo con Pioli – si riterrà necessaria una rosa lunga e dei ricambi importanti, che assicurino una squadra non di 11 titolari, ma di almeno 17. Sono sicuro, quindi, che tra le garanzie tecniche richieste ci fosse anche questa, oltre a qualche miglioria tattica.

A Di Francesco l’augurio migliore possibile per avere grandi successi con la Sampdoria. E di portarci quell’Europa che inseguiamo da troppo.

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