Come nasce una sorpresa (che tale non è) - Samp News 24
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2013

Come nasce una sorpresa (che tale non è)

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Va bene la sfortuna, va bene il periodo negativo. Ma nulla può durare per sempre. Avete presente quei raggi di sole che spuntano tra le nuvole anche nelle più devastanti tempeste? Gli inglesi li chiamano silver linings, lasciano intendere che, nonostante il cielo sia scuro, da qualche parte il sole c’è. E anche quando passi un anno e mezzo tra panchina e tribuna, e quelle poche volte in cui scendi in campo non lasci il segno ed anzi fai abbastanza male, le cose sono destinate a cambiare. Quando tutti sognano non appena il pallone avvicina il tuo sinistro, perché hanno visto i video su You Tube per conoscerti meglio, ma restano sistematicamente delusi. Renan aveva il colpo in canna da quand’è arrivato dal Cluj, in quasi ogni partita ha provato a fare quello che gli riusciva meglio, e cioè sfondare le reti col suo sinistro. Ma quell’urlo di gioia tanto agognato non è mai arrivato, e il suo nome e il suo sinistro son ben presto stati inghiottiti dal vortice dell’oblio.

Un goal arriva, di sinistro e da fuori, come sa fare lui. È la rete che decide Sampdoria-Marsiglia, valevole per il Trofeo Garrone. L’entusiasmo c’è, ma non durerà molto: d’altronde, era solo precampionato. Gioca contro il Bologna, nella seconda giornata. Qualche buon passaggio, qualche palla persa, qualche buono spunto. Non il migliore, ma nemmeno il peggiore. Il giorno dopo sarebbe arrivato l’atteso terzo di centrocampo (o se preferite, sostituto di Poli) Bjarnason e, da quel momento, Renan viene rinchiuso in cantina. L’islandese non convince, Gentsoglou è troppo lento, Soriano è discontinuo. La Sampdoria gioca la miglior partita della stagione quando Rossi rinuncia al terzo centrocampista e schiera il tridente, contro il Torino. È il fallimento di un modulo e anche di un’ampia fetta della campagna acquisti.

Poi arriva Sinisa: coesione, obiettivi, sogni. Soprattutto tanta motivazione e grinta, come si evince dagli indemoniati inizi contro Lazio ed Inter. I nerazzurri vanno immeritatamente in vantaggio, la Samp prova a rispondere, ma è sterile davanti. Renan è ancora una volta in panchina ed ormai il suo è solo uno dei tanti nomi che rimbalzano costantemente tra la panchina e la tribuna. La sua storia può cambiare da un momento all’altro, ma non dipende solo da lui. La bravura di un allenatore si può manifestare anche nel documentarsi e nel capire nel dettaglio quali sono i giocatori che ha davanti. Mihajlovic, arrivato da solo una settimana, toglie l’uomo che non era mai stato sostituito, Obiang, e ne mette uno che aveva giocato solo una volta. È lui, Renan. Non può essere una coincidenza, né una mossa casuale. È una sostituzione studiata, ponderata. E alla lunga quando sei razionale ottieni quello che ti spetta. Due minuti dopo il suo ingresso, Renan prende il pallone poco dietro la lunetta, lo addomestica e lascia andare il suo sinistro. Il resto è storia nota a tutti: il goal, gli abbracci, il pallone sotto la maglietta per omaggiare il figlio Lorenzo che nascerà a gennaio. E pensare che a febbraio aveva detto: «Il mio obiettivo deve essere quello di farmi trovare pronto per la mia occasione, quella che potrebbe arrivare. Fosse solamente un minuto. Non posso concedermi rimpianti». Un minuto volevi, in realtà te ne son serviti due. Non ti avevamo dato ascolto allora, nessuno l’aveva fatto. Da oggi staremo un po’ più attenti. 

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