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Giampaolo a tutto campo: «Bello che la Samp lavori con i giovani»

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Arrivato tra mille dubbi in una serata di giugno, Marco Giampaolo si sta lentamente conquistando la Sampdoria. L’Empoli è stata un’esperienza rinfrescante per la sua carriera, che gli ha permesso di affrontare meglio anche il periodo nero tra settembre e ottobre con la Samp (due punti in sei gare). Dopo i tanti risultati conquistati nell’ultimo mese e mezzo, ora la squadra respira e la quota-salvezza è pienamente rispettata.

MATURAZIONE – Intervistato da “Tuttosport”, il tecnico della Samp ha parlato della sua visione di calcio: «Ho maturato nel tempo la convinzione che il progetto venga formato sul calciatore: posso mettere un’idea, ma è il calciatore a fare la differenza». Un periodo ben diverso per Giampaolo da quello degli inizi, quando era la tattica ad avere la meglio: «Pensavo potesse mascherare le difficoltà e incidere molto di più di quanto avviene nella realtà. Certo che con il tuo pensiero incidi, ma alla fine conta chi lo interpreta in campo».

PROSPETTIVA GIOVANI – In questo, la Samp rappresenta un altro punto di crescita: «La Samp è come se avesse iniziato un percorso nuovo: ci sono tanti giocatori giovani a sostanziare un nuovo modo di fare calcio. Gli anni scorsi, ma anche due anni fa, la Samp prendeva gli Eto’o, mentre ora quei soldi li spende per un ’96 come Schick. Questo presuppone un modo diverso di lavorare…». Il rapporto con Ferrero sembra buono: «Va tutto benissimo. Ha una grande qualità: sdrammatizza. Personaggio dissacrante, che abbassa il livello di tensione che c’è nel nostro calcio».

TORO – Domenica c’è il Torino: «Ho grossa stima per Mihajlovic, perché è una persona diretta, intellettualmente onesta e non si nasconde dietro agli alibi. Domenica sarà dura, perché il Toro è forte, soprattutto nella fase offensivo. Sembra una squadra che ha cambiato pelle rispetto alle proprie caratteristiche storiche». C’è tempo per parlare anche del passaggio di Castan e De Silvestri in granata: «Le dinamiche erano chiare: De Silvestri è un giocatore che Mihajlovic aveva già allenato, mentre il brasiliano era venuto per giocare qui sin da subito dopo lungo periodo di inattività. Io gli ho detto che lo vedevo indietro rispetto agli altri in quel momento, quindi poteva guardarsi attorno. Non l’ho mandato via e siamo stati entrambi onesti».

FENOMENO – Due parole vanno spese anche per Muriel: «Ha stupito tutti, ma prima di tutto me stesso: non pensavo potesse darmi di più rispetto ad attesa e ripartenze. Invece anche lui si è messo a disposizione. Poi è chiaro che tocca a me sapere fin dove posso spingermi in relazione alle sue caratteristiche. Lui ha capito che questo lavoro lo sta completando come calciatore: solo continuando così potrà ambire ai top club».

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MODELLI E CAMBIAMENTI – Il finale lo concede a una prospettiva sul calcio italiano e sui suoi modelli: «Sul piano delle competenze tecniche, siamo tra i migliori. C’è meno appeal e siamo meno ricchi rispetto agli altri, ma la Serie A è ancora molto difficile. Cosa cambierei? Le strutture, i campi, gli stadi. Potrei aggiungere altro, ma sono una persona pragmatica. I miei modelli? All’inizio vedevo gli allenamenti di Spalletti, Delneri e Prandelli. Poi ho seguito il Barcellona di Guardiola, così come la squadra B quando la guidava Luis Enrique: tecnici che sento vicini al mio calcio».

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