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Gioca chi merita: Giampaolo è il selezionatore di questa Sampdoria

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Il caso-Djuricic mette in luce le capacità gestionali del tecnico Giampaolo: un buon allenatore, per essere tale, deve saper anche essere un “selezionatore”

Un allenatore, se non vuole limitarsi ad essere un mediocre, deve possedere una caratteristica fondamentale: essere risoluto nelle proprie decisioni, sicuro di sé. Ciò non vuol dire, naturalmente, non prestare ascolto ad eventuali consigli, ma fidarsi delle proprie scelte e gestire i propri giocatori in base a quella che è la propria idea di calcio. Un compito, questo, che l’allenatore della Sampdoria assolve pienamente. Anche a scapito di essere tacciato di integralismo tattico, soprattutto lo scorso anno, Giampaolo ha portato avanti la propria idea di calcio, insistendo sui giocatori che gli sembravano più adatti a mettere in pratica la sua filosofia sul campo ed escludendo – a livello di minutaggio sul campo – quelli non ritenuti all’altezza, o comunque non abbastanza maturi per integrarsi nel proprio progetto tattico. In questo senso può essere letta la vicenda riguardante Filip Djuricic: il trequartista ha pubblicato messaggi alquanto enigmatici sul proprio profilo Twitter, spiegando di fatto di essere finito ai margini del progetto tecnico blucerchiato.

Un fatto, questo, che, a vedere le prestazioni in campo del serbo non può stupire particolarmente. Non è d’altro canto la prima volta che il tecnico blucerchiato decide, per incomprensioni tattiche o modi di interpretare il ruolo in maniera diversa, di non puntare su un giocatore a propria disposizione, una scelta, va sottolineato, più che legittima, stante il fatto che uno dei compiti principali di un allenatore è quello di fare selezione fra i calciatori a propria disposizione. Il primo caso è stato quello di Castan, arrivato in prestito dalla Roma per rilanciarsi e scontratosi subito con un’idea di calcio, quella di Giampaolo, ben diversa dalla sua. Il risultato, con reciproca soddisfazione di tutti, fu l’annullamento del contratto di prestito con la Roma, con il difensore che si accasò al Torino. Modi diversi si intendere il ruolo hanno portato anche all’esclusione di Dodô, arrivato a titolo definitivo dall’Inter lo scorso anno ma mai diventato una pedina importante in questa Sampdoria.

Ci sono poi molti altri casi. Amuzie, arrivato a Genova con l’idea di potersi giocare un posto in prima squadra ha dovuto giocare tutta la seconda parte della scorsa stagione con la Primavera di Pedone, per poi trasferirsi al Lugano quest’estate. Krajnc non ha visto il campo, nella prima metà dello scorso campionato, perché non si muoveva sulla linea dei difensori come voleva il tecnico. Restando in difesa, anche Simic non ha avuto la possibilità di calcare il terreno del Ferraris: l’allenatore svizzero l’ha visto ancora acerbo e ha preferito andasse a giocare altrove per maturare, per valutarne poi la crescita il prossimo anno in ritiro. Se la difesa ha costituito il nodo principale, dati i movimenti ben precisi richiesti dal tecnico blucerchiato, ci sono stati però problemi anche per giocatori in altre zone di campo. Cigarini ha confessato di aver trovato in Giampaolo un allenatore tatticamente preparatissimo. Ma, lui come Budimir, giocatori diversi da quelle che erano le idee di calcio del mister, non hanno giocato – anche se, per quanto riguarda il regista, va fatta la tara tenendo conto dell’esplosione di Torreira.

Un caso di conflitto tattico risolto è invece quello con Dennis Praet: Giampaolo ha sempre dichiarato di vederlo come mezz’ala, o addirittura – magari più avanti con gli anni – come centrocampista d’impostazione davanti alla difesa. Il belga, dal canto suo, ha sempre rimarcato il suo desiderio di giocare sulla trequarti, ruolo che sente più suo. Nonostante ciò, l’abnegazione tattica del classe ’94 e la sua qualità indiscutibile hanno comunque portato l’ex Anderlecht a diventare una pedina fondamentale, quest’anno, nella Sampdoria di Giampaolo. Per tornare al caso di Djuricic, va detto che non è dunque l’unico caso in cui l’allenatore prende una decisione netta, comunicando al giocatore che difficilmente vedrà il campo – una situazione che il serbo conosceva peraltro già in estate. D’altro canto, la necessità di un tecnico è quella di tenere in riga i propri uomini, di premiare chi si impegna ed è utile alla causa e di fare a meno di chi non contribuisce a migliorare il livello generale. Perché per essere allenatori, a volte, bisogna anche essere, giustamente, un po’ sergenti di ferro.

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