L’uomo da 100 gol. Anzi, 20, che bastano e avanzano

All’arrivo di Giampaolo Pazzini alla Sampdoria, tutti tirarono un sospiro di sollievo: un po’ per la certezza che da quel momento la posizione in classifica del Doria sarebbe cambiata in meglio, un po’ perché era dal tempo di Bazzani in Serie B e dal triennio di Montella che mancava un bomber di razza, un uomo da 20 gol. E questa mancanza ha sempre pesato nell’ultimo periodo nell’economia della squadra, con tanti buoni attaccanti ma con nessuno – dopo Pozzi in Serie B – in grado di restare in pianta stabile ai vertici della classifica cannonieri.

In estate, il mancato arrivo di una prima punta di qualità, che potesse mettere un po’ di fiato sul collo a Muriel e garantire un rendimento costrante, per espressa volontà del mister, finì per diventare un ulteriore argomento ultile a chi sosteneva la tesi che Coach Z non avesse ben chiare le necessità della squadra. La verità, i fatti parlano chiaro, è che di quell’uomo non ce n’era affatto bisogno. Perché quell’uomo, in squadra c’era già. Non il classico ariete, o puntero, il numero 9 della tradizione. 

Zenga già lo sapeva, o forse ha avuto solo fortuna, chi lo sa. Martins Eder è sempre più il cuore pulsante di questa Sampdoria, il fuoriclasse che non ti aspetti, una ragazza carina che nessuno conosceva e, d’un tratto, ha fatto innamorare tutti quanti, pronti a darle tanti baci, fiori e cadeaux costosi. Il brasiliano atipico, che non trovi nei locali il sabato sera nel vano tentativo di annegare la saudade nell’alcool e nelle belle donne, che parla italiano molto meglio di molti colleghi che nello Stivale ci sono nati, che corre, salta, vola, inventa e segna come un campione di Holly e Benji. I complimenti si sprecano. 

Quel pugno battuto sul petto dopo il gol del pareggio di ieri sera è forse la più bella fotografia del suo triennio doriano, la più bella immagine per festeggiare i 100 gol tra i professionisti di cui 45 con la maglia della Sampdoria. Per portarlo in spalla da qualche parte c’è tempo.