Manzo ricorda: «Ero pazzo, mai cattivo. Alla Samp ho imparato a vincere» - Samp News 24
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2015

Manzo ricorda: «Ero pazzo, mai cattivo. Alla Samp ho imparato a vincere»

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«Ai miei giocatori racconto sempre una storia. Quella di un tipo che conosco bene. Uno che da giovane aveva qualità interessanti. Uno che è arrivato in alto, ma poi si è seduto ed è caduto, facendosi male… Ah, quel tipo sono io». Si presenta così Andrea Manzo, ex blucerchiato nella stagione 1981/82 quando la Sampdoria conquistò la promozione in Serie A. Attualmente ha intrapreso un nuovo cammino in Svizzera, cercando di non far commettere ai giovani che allena i suoi stessi errori: «Ero un po’ pazzerello, ma mai cattivo. Sono a Lugano da cinque anni, ci sono arrivato tramite Pastorello e alleno l’Under 21 del Lugano. Qui è tutto diverso: molti dei miei lavorano o studiano, il primo sport è l’hockey, ma mi trovo bene. E sono sempre lo stesso, anche se non ho i riccioloni».

 

Una carriera fatta di emozioni e sbagli dettati da arroganza e superficialità, come lui stesso ammette a partire dall’esperienza al Milan: «Ero un centrocampista centrale molto promettente, ma in rossonero pensai di essere arrivato e che tutto mi fosse dovuto. Non avevo più fame e mi vantavo di compiere stupidate per primo. Il mio sbaglio più grande è stato anticipare i tempi. Sono stato il primo a farmi un tatuaggio, una farfalla sul polso. Alla Casertana mi feci fotografare nudo nella doccia insieme ai miei compagni, tanto da finire su una rivista e fare scandalo. Quando poi arrivò Sacchi lasciai il Milan per amore e andai a Udine. Però con Liedholm ero buono, mi adattavo a tutti i ruoli, dal terzino all’ala, senza fiatare. E poi ho sfidato i più forti, da Maradona a Maldini».

 

I ricordi, tuttavia, riaffiorano anche con Fiorentina e Sampdoria, prossime avversarie domenica al “Ferraris”: «La Viola mi ha fatto esordire in Serie A, giocavamo in Europa. Grande esperienza, ricordo soprattutto Orlandini che si fece da parte per farmi giocare titolare. Alla Samp invece arrivai in prestito nell’81, nello scambio che portò Vierchowod a Firenze: conquistammo la A. Galdiol, Scanziani, Ferroni… Sono stati dei maestri, mi hanno insegnato a vincere. Ma il ricordo più bello è la famiglia Mantovani. Mai visto un rossi dente che sapeva tirarti su nei momenti duri. E anche – conclude alle colonne del Secolo XIX – i figli sono persone speciali. Adesso seguo con affetto Zenga, ho seguito la squadra quando era in Serie B: abbiamo fatto il corso insieme a Coverciano, si vedeva che era bravo. Ha idee e principi forti. Eder è un uomo vero, Muriel mi piace. Durante la sosta verrò a trovarli e a fare il tifo per loro»

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