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Editoriale

Bentornati nella città dei blucerchiati

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Un altro derby vinto conferma la supremazia blucerchiata a Genova, ma anche la qualità di questa Sampdoria, tra le più belle degli ultimi anni

Quello di ieri sera è stato forse il derby meno in discussione di sempre, ma a noi piace soffrire, piace restare sempre col fiato sospesi, per vivere delle emozioni uniche. Col senno di poi è sempre facile parlare e saremmo tutti profeti, se ci pronunciassimo soltanto a cose fatte, ma è palese che il divario di quest’anno fosse davvero enorme tra le due squadre. Da un lato c’è un insieme di giocatori che lotta per la squadra con un criterio, un gioco, della tattica e con tantissima voglia di fare, dall’altro lato c’era una squadra che nei suoi interpreti non ha tantissimi talenti e che per gran parte del primo tempo ha dimostrato di non avere gran voglia di giocare a calcio. D’altronde la stessa classifica parla chiaro e dice che la Sampdoria quest’anno è nettamente più forte del Genoa: non c’è sfottò che tenga, non c’è polemica che regga in questo caso. Lo abbiamo confermato anche sul campo, dimostrando che la partita è stata quasi del tutto a senso unico, tranne che per qualche minuto nel secondo tempo, quando, come detto poc’anzi, ci è piaciuto soffrire.

L’abbiamo vinta non con le individualità, ma con il gruppo: l’abbiamo vinta perché qualsiasi giocatore della Sampdoria sa che alle sue spalle ce n’è un altro. Lo sa Torreira, che quando partiva in dribbling era sicuro del fatto che alle sue spalle, fosse andata male la sua percussione, qualcuno avrebbe recuperato. Lo sa Ferrari, che si è alternato in maniera perfetta con Silvestre nel ruolo di ultimo uomo: entrambi hanno sempre avuto un tempismo eccezionale, ma l’argentino quando interviene in scivolata è davvero una sentenza. Non ha sbagliato un intervento, non ha mancato un contrasto: davvero, questo leader silenzioso della Sampdoria meriterebbe più spazio sui giornali e, chissà, in nazionale. Ma questo derby è stata anche l’ennesima conferma della lungimiranza di Giampaolo, che dopo aver proposto Caprari trequartista per due volte, ha scelto Ramirez e ha sfruttato la sua sete di gol per sbloccare la gara più sentita dell’anno: uno stratega che si sta dimostrando di settimana in settimana sempre più accorto a qualsiasi possibile dettaglio. Vederlo poi sorridere, con un ghigno quasi malefico, in conferenza stampa quando gli ricordano che dopo la sosta c’è la Juventus dona ancora più gioia, perché significa che se la giocherà, a viso aperto.

Come mio solito, sul finire, voglio lanciarmi in un’analisi molto spicciola della classifica: ci mancano tre sfide con le big (Napoli, Lazio e Juventus) e abbiamo sette punti di vantaggio sulle dirette inseguitrici per il sesto posto, con una partita in meno rispetto a loro. È un divario di grande spessore, che non va assolutamente accorciato e che non bisogna sottovalutare: poter tenere tutte dietro, confidando nel fatto che anche loro contro le big faranno fatica, significa potersi godere un grande campionato, che non ci sposterà da quella posizione che vorrebbe dire Europa League. Ferrero dice che il suo fenomeno è Pradé, ma quest’ultimo non si sbilancia e oltre a dire che la squadra è matura non pronuncia: allora diciamolo noi, senza timore. L’Europa dev’essere nostra stavolta. Come Genova lo è da sempre.

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