C'avevamo fatto la bocca pure noi, Antonio - Samp News 24
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2014

C’avevamo fatto la bocca pure noi, Antonio

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Precisazione. Cassano è come il gorgonzola, Pablo Picasso, gli estremismi politici: o ne vai pazzo o lo osteggi con fermezza. Io, personalmente, sono tra i primi. E vi spiegherò perché. C’entrano l’affetto per un personaggio così genuino e pure l’ammirazione per un talento evidentemente sopra la media, ma non sono tutto. Perché Cassano non si può circoscrivere all’effetto ‘calamita’ sugli spettatori, non è solo quello delle veroniche al derby contro il Genoa. È uno concreto. Uomo assist (38 alla Sampdoria, più di uno ogni tre partite per intenderci) e pure onesto goleador, con 131 reti segnate complessivamente in carriera e la media di 0,28 goal a partita. Tanti, per uno che ha quasi sempre fatto la seconda punta. Forse non abbastanza per la Sampdoria e per Mihajlovic, che cercano una prima punta vera. Anche se l’Amauri che, stando agli ultimi rumors, sarebbe in cima alla lista della spesa della Samp, di goal a partita in carriera ne ha fatti meno, esattamente 0,25 (in questo campionato sono ancora zero).

Cassano è anche l’uomo della finale di Coppa Italia e del quarto posto, traguardi che la Sampdoria aveva raggiunto ben vent’anni prima, peraltro all’acme della sua giovane storia. Ma è pure quello degli attriti con Delneri e di quelli con Garrone, il secondo padre che nel giro di pochi giorni definì prima vecchio di m… e poi uno «al quale voglio molto bene». Della lite e delle scuse al presidente Sensi, del «se sbaglio anche qui sono da manicomio» alla presentazione col Milan, e di tante altre uscite discutibili. E, perché no, anche ipocrite. Ricordo, ad esempio, quando decise di ringraziare mezzo Milan dopo la sua partenza, ma non Massimilano Allegri, che poco tempo dopo avrebbe definito «un grande allenatore». Ma Cassano non è il personaggio che puoi giudicare dalle dichiarazioni. Come molti altri giocatori non fa della cultura e dell’eloquio le sue più spiccate qualità (è stato bocciato sei volte tra elementari e medie), ma a differenza degli altri è sempre, straordinariamente, se stesso. Perché, in fin dei conti, è istintivo, lunatico. Secondo l’affermato giornalista Pierluigi Pardo «ha tanti difetti, ma ha un’anima assolutamente popolare». Il telecronsita Mediaset, nonché grande amico di Cassano, ha detto pure che «non sta a vedere se gli puoi tornare utile, ha stretto grandi amicizie con magazzinieri e addetti stampa».

Non è un calcolatore, è sincero. Nei giorni dei forsennati rumors di mercato che lo accostavano alla Sampdoria, nessun alto esponente della società blucerchiata gli ha dedicato attenzione e Cassano è stato, di fatto, ignorato. Eppure, nella conferenza di ieri, Cassano non ha affatto sminuito le sue parole d’affetto per la Sampdoria, la «squadra del suo cuore», «come la nutella, quando uno l’assaggia, un cucchiaio non può bastare». C’aveva «fatto la bocca», ce l’avevo fatta pure io ed immagino molti altri come me. Ma il termine del 29 dicembre fissato di comune accordo col Parma è scaduto e chiamate da Genova non sono arrivate. Assurdo a dirsi, probabilmente avremmo riso se dieci anni fa c’avessero detto che Cassano sarebbe venuto volentieri alla Sampdoria, ma che la Sampdoria non l’avrebbe voluto. Quante cose son successe in questi dieci anni, i sorrisi, i successi, quell’immagine che proprio non riesco a togliermi dalla testa con Cassano che, dopo il quarto posto, strattona il Presidente per la cravatta e lo invita a ballare mentre gli altri urlano a squarciagola ‘Non succederà più’. «Era sotto a un treno quando mi chiamò dopo la morte di Garrone. Piangeva come una fontana» ricorda, ancora Pardo, di quella disgraziata sera di quasi un anno fa. Perché, in fondo, Antonio, sei così: l’hai amato, ci hai amati. Ma forse non ce ne siamo ancora accorti.

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