Il comunicato degli UTC sul "caso" Arcidiacono - Samp News 24
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2012

Il comunicato degli UTC sul “caso” Arcidiacono

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Succede su campo di Serie D, precisamente a Lamezia Terme. Minuto 75′ della partita Sambiase – Nuova Cosenza, il giocatore Pietro Arcidiacono, in forza al Nuovo Cosenza, dopo aver segnato, esibisce una maglietta bianca su cui campeggia la scritta “Speziale innocente”. Ciò basta per far infuriare l’opinione pubblica, in particolare il questore di Catanzaro, che non perde tempo nell’affibbiare a Pietro Arcidiacono tre anni di diffida. Per chi non lo sapesse, Antonio Speziale è il ragazzo accusato (e condannato) per la morte dell’ispettore di polizia Filippo Raciti in seguito agli eventi che si susseguirono al match Catania – Palermo il 2 febbraio 2007. Speziale è innocente? Lo sostengono gli avvocati difensori, lo sostiene Arcidiacono, lo pensano in tanti a dir la verità. Perché? Semplice, perché sul caso Raciti pesa la dichiarazione di un’appartenete alle forze dell’ ordine che, in un verbale, dichiara “In quel frangente sono stati lanciati alcuni fumogeni, uno dei quali è caduto sotto la nostra autovettura sprigionando un fumo denso che in breve tempo ha invaso l’abitacolo. Raciti ci ha invitato a scendere dall’auto per farla areare. Il primo a scendere è stato Raciti. Proprio in quel frangente ho sentito un’esplosione, e sceso anch’io dal mezzo ho chiuso gli sportelli lasciati aperti sia da Balsamo che dallo stesso Raciti ma non mi sono assolutamente avveduto dove loro si trovassero poiché vi era troppo fumo. Quindi, allo scopo di evitare che l’autovettura potesse prendere fuoco, mentre era in corso un fitto lancio di oggetti e si udivano i boati delle esplosioni, chiudevo gli sportelli e, innescata la retromarcia, ho spostato il Discovery di qualche metro. In quel momento ho sentito una botta sull’autovettura e ho visto Raciti che si trovava alla mia sinistra insieme a Balsamo portarsi le mani alla testa. Ho fermato il mezzo e ho visto un paio di colleghi soccorrere Raciti ed evitare che cadesse per terra”. Come se non bastasse, il medico Giuseppe Caruso, nella consulenza di parte dichiara che le fratture delle quattro costole dell’ispettore e le sue lesioni al fegato sono compatibili, “con abbondante verosimiglianza, con il bordo dello sportello di un fuoristrada o dello spigolo posteriore di un identico autoveicolo”. Ora, ciò che noi sappiamo con certezza è che Antonio Speziale, tifoso catanese, è stato condannato il 14 novembre 2012 a otto anni di reclusione per l’omicidio preterintenzionale di Filippo Raciti: così ha deciso la Corte di Cassazione.

Ciò che noi crediamo invece è che ognuno dovrebbe essere libero di esprimere il proprio pensiero, senza per questo venir perseguitato dalla giustizia. Pietro Arcidiacono pensa che non sia stato Antonio Speziale a uccidere Filippo Raciti? In primo luogo la cosa non ha dell’assurdo, soprattutto alla luce di quanto emerso nelle aule di tribunale. In secondo luogo, ognuno è libero di pensare quello che vuole e di esprimere la proprio opinione, o almeno così dovrebbe essere in un paese che si autodefinisce libero e democratico. I fatti ,purtroppo, raccontano una realtà ben diversa: Pietro Arcidiacono non è libero di pensare che Antonio Speziale sia innocente; Pietro Arcidiacono non è libero di esibire una maglietta con scritto sopra un suo pensiero. Badate bene, Arcidiacono non è stato squalificato per qualche giornata per aver violato una qualche regola della Figc. Arcidiacono è stato raggiunto da un provvedimento di Daspo emesso da un questore, cioè rappresentante delle forze dell’ordine. Come se non bastasse, contro questo ragazzo si sono scatenati gli organi di stampa, pronti a gettare ulteriore fango pur di vendere qualche copia in più a quell’opinione pubblica pronta a emettere sentenze ed invocare la pena capitale senza aver perso neanche un solo secondo nel ragionare sull’importanza della libertà di pensiero

Qui non stiamo cercando di stabilire come è deceduto Filippo Raciti, sia chiaro. Qui viene colpito un ragazzo che non ha fatto altro che esprimere il suo libero pensiero. Quante volte, in passato, si sono viste ribaltate legittimamente sentenze che in un primo momento sembravano scontate? Quante volte l’autorità giudiziaria italiana ha commesso errori per poi venire smentita, magari a distanza di anni? La ricerca della giustizia, quella vera, è data anche dalle persone che mettono in dubbio, anche coraggiosamente, una sentenza o una condanna battendosi in aule e tribunali o, per esempio, con una semplice scritta su una maglietta.

ARTICOLO 21 della Costituzione Italiana:

“Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto o ogni altro mezzo di diffusione.”

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