Bologna-Sampdoria, impariamo da questo scivolone
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Editoriale

Impariamo da questo scivolone

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La sconfitta di Bologna arriva a causa di tanta sfortuna, ma anche della scarsa precisione degli interpreti di gioco in campo: il centrocampo è il reparto che ha sofferto di più

È inutile essere disfattisti, è inutile prendersela con Giampaolo perché la Sampdoria ha perso con il Bologna, è inutile lanciarsi subito nella caccia all’uomo, come purtroppo sta avvenendo in queste ore sui social e sulle piattaforme di scambio di opinione pubblica. Cerchiamo di essere lucidi in questa analisi e rendiamoci conto che, assodato il dispiacere che ci ha procurato questa sconfitta completamente insensata, questa è l’occasione giusta per mettere a nudo alcuni difetti che questa formazione ha. Difetti che ci sono sempre stati, settimana dopo settimana, ma che da una sconfitta vengono giustamente amplificati.

Partiamo dal centrocampo, che ieri ha sofferto davvero tanto: la partita la Sampdoria l’ha persa proprio lì. Nel primo tempo Destro ha completamente schermato Torreira, annullando tutto il nostro dialogo in fase di ripartenza, costringendo i due centrali a dialogare in solitaria cercando qualcosa da fare, un qualcosa che non è mai praticamente arrivato. Nella ripresa, grazie all’espulsione di Torosidis e l’uscita di Destro, Torreira ha avuto molto più spazio per muoversi e costruire, ma accanto a lui mancava Praet, che dà quella qualità necessaria a un reparto che cresce esponenzialmente durante la partita: al suo posto c’era sì Verre, che ha colpito anche un palo, ma il centrocampista ex Pescara sembra ancora acerbo, ancora in cerca di una identità precisa. A completare il trittico, purtroppo, c’era Barreto: dico purtroppo perché il centrocampista ex Palermo è ottimo in fase di rottura, ma al momento penso abbia i piedi peggiori del Doria. Non è riuscito a concretizzare un passaggio o un cross: nel secondo tempo ha messo in difficoltà Mirante con dei lanci a campanile che non avevano granché senso. Proprio lì è venuta meno la fase di costruzione della Sampdoria, che quando ha potuto offendere e affondare ha perso rapidità e precisione nel passaggio finale da Barreto in avanti. Proprio in questo frangente è venuto fuori Bereszynski, che stava probabilmente facendo la miglior partita della sua stagione: forse in debito d’ossigeno, però, ha dovuto alzare bandiera bianca e sedersi in panchina. Un peccato, perché proprio su quella fascia stavano nascendo le migliori occasioni e proprio da quella fascia, per un orrore (non errore) di Alvarez abbiamo preso il 3-0 finale.

Venendo a quelle che sono le tematiche più ovvie da analizzare, partiamo col dire che un gol a freddo, dopo così pochi minuti, sconvolge completamente la partita. Un po’ come successo al Crotone quando è arrivato al Ferraris e ne ha presi più di quanti ne abbiamo presi noi ieri pomeriggio. Anche il 2-0, ragionandoci in maniera più lucida, è semplicemente un calcio d’angolo sul quale soffriamo come tutte le volte che le marcature sono a zona e non a uomo, lasciando così Mbaye libero di saltare e superare Viviano. Semplicemente avremmo dovuto avere la lucidità di replicare e di recuperare lo svantaggio, aiutati anche dalla sorte che ha spinto Torosidis fuori dai giochi allo scadere del primo tempo: sarebbe bastata un po’ più di fortuna, maggior precisione in fase di costruzione e interpreti diversi. Perché, diciamocelo, la sfortuna ci ha messo del suo, privandoci di Strinic e costringendoci a utilizzare Murru, che non ha dimostrato di essere un fulmine di guerra sui cross. Ugualmente non avere Praet, non avere Linetty, ci ha portato a soffrire. Resta comunque un caso isolato, come la gara di Udine, che non deve abbatterci e che servirà a farci capire dove abbiamo sbagliato: ora pensiamo al Pescara.

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