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Editoriale

Due punti persi, ma la musica è sempre la stessa

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Due punti persi, ma le colpe della Sampdoria sono poche: giocare contro una squadra che preferisce non farlo è davvero complicato.

Non è facile vincere contro una squadra che in tutta la partita tira soltanto tre volte in porta e che per 70 minuti si chiude interamente nella propria metà campo. Non è facile vincere nemmeno se non si tira praticamente mai in porta, ma se dinanzi ai pali difesi da Perin si ritrovano in dieci diventa complicato anche solo trovare lo spazio per farlo. La Sampdoria, quindi, ha dovuto arrendersi – perché dinanzi a due punti persi si può quasi pensare a una sconfitta negli intenti, non nel risultato – all’atteggiamento attendista del Genoa, che non è andato al Ferraris per fare la partita, tutt’altro: è sceso in campo a Marassi con l’intenzione di non perdere l’ennesimo derby, per cercare di portare a casa la pelle, con i propri tifosi e con la propria classifica, che ancora non li ha messi al sicuro dalla zona retrocessione. Uno spettacolo poco gradevole, sia per chi era a casa sia per chi è arrivato al Ferraris con la speranza di godersi un Derby come la storia ci ha insegnato: per giocare a calcio, d’altronde, servono due squadre avversarie, ma in campo ieri ce n’era una che ha provato a giocare e l’altra che ha provato a più riprese a gettar via la palla, senza costruire nulla.

Detto questo, come ha anche detto Ferrero nel post-gara, sono due punti persi, che ci avrebbero permesso di superare l’Atalanta, fermata a Ferrara dalla Spal, e di seguire il passo incredibile della Fiorentina, che è andata a Roma a vincere contro i giallorossi. Poco importa, a questo punto, perché con sette partite alla fine può accadere qualunque cosa e fasciarci la testa prima di rompercela non è il caso: continuiamo questo mini-torneo con gli orobici e i gigliati e scopriamo fin dove ci porterà. Sulla partita di ieri sera, invece, guardando alla Sampdoria com’era stata messa in campo personalmente mi ritrovo soddisfatto: ho visto una squadra propositiva, soprattutto in Caprari e Praet, i due migliori in campo. Da trequartista l’ex Pescara rende davvero tanto, Giampaolo l’ha letta bene e gliene si dà atto: la voglia di fare, di correre, di seminare panico sulla trequarti si è vista e si è sentita. Peccato solo per quel tiro non potentissimo scagliato nel secondo tempo con Perin che si era gettato a terra per respingere la conclusione di Linetty: poteva sicuramente andare diversamente. Discorso analogo per Praet, un altro uomo-ovunque, una crescita importante dinanzi, anche per lui, a un arretramento tattico da trequartista a mezzala. Gli unici difetti della serata sono arrivati, purtroppo, dai terzini: i cambi non hanno aiutato, certo, ma Bereszynski ha sofferto troppo su Laxalt, l’unico proposito del Genoa, e Regini, al di là dell’errore che ha fermato i cuori blucerchiati per qualche secondo nel primo tempo, non ha dato la spinta che avrebbe dato Murru. Chissà cos’ha fatto di male Strinic nella sua vita.

I segnali positivi, insomma, ci sono: c’è da dire che si giocava al Ferraris, territorio sul quale la Sampdoria ha sempre dimostrato di essere quasi invincibile, salvo le gare con Inter e Lazio. Dopo le recenti sconfitte, però, è sempre importante sottolineare che le prestazioni siano positive, perché in queste ultime sette giornate c’è davvero bisogno di dare le ultime forze rimaste, per il rush finale, senza risparmiarsi. Certo, la prossima gara sarà allo Juventus Stadium: il calendario non ci è amico, ma i bianconeri sono chiamati in egual misura a dare tutto ciò che possono al Bernabeu e per quanto la loro rosa sia lunga, quest’anno ci è già capitato di arginarli. La palla è rotonda, il calcio è bello perché imprevedibile, e come sempre la Sampdoria è chiamata a crederci. Altrimenti la Fiorentina prenderà davvero il largo.

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